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Impianti a CO2 nella distribuzione alimentare.

Da diversi anni, in molti stati dell’Europa del Nord sono state messe in attuazione delle politiche governative rivolte alla eliminazione dei refrigeranti HFC ad alto GWP negli impianti frigoriferi e di condizionamento d’aria. Ciò ha comportato lo sviluppo sempre più crescente di svariate soluzioni alternative a questi HFC, in particolare quella che prevede l’utilizzo della CO2 (R-744) nel settore della grande distribuzione. Questo settore, che è il più importante per quanto riguarda gli impianti frigoriferi fissi, ha sempre presentato un elevato tasso di fughe dai circuiti frigoriferi stimato, come valore medio annuale, nel 5% della carica totale di refrigerante, ma arrivando in alcuni casi, fino al 20%. Nel suo insieme, la distribuzione alimentare sta cercando da tempo delle soluzioni per la sostituzione di questi HFC che siano sicure, efficaci, semplici e redditizie. L’insieme degli sviluppi degli impianti a CO2 per questo settore ha dimostrato che questo fluido può costituire una buona scelta sia per l’ambiente che per altre ragioni tecniche e sociali. In Scandinavia, le iniziative governative sono iniziate nel 2001 quando la Danimarca ha introdotto una tassazione basata sul GWP dei fluidi frigorigeni. Più tardi, nel 2007, è stata imposta una limitazione della carica a 10 kg per gli impianti che utilizzano gli HFC. Fin dalla fine degli anni 1990 nel Nord Europa ha avuto inizio lo sviluppo di impianti a CO2 a cominciare da quelli subcritici e utilizzando quel poco di componenti allora disponibili, essenzialmente basati su dei prototipi di laboratorio, fino ad arrivare, pochi anni dopo, a delle unità transcritiche standard disponibili attualmente con dei componenti sviluppati specificatamente per la CO2. Nel 2008 alcuni enti e produttori europei si sono uniti fra loro per creare e studiare insieme il progetto di un sistema “ booster “ transcritico a CO2 da adottare negli impianti frigoriferi dei grandi supermercati. Questo progetto ha trovato anche l’appoggio della Commissione Europea ed è stato esteso anche ai supermercati più piccoli. I dati ricavati da questo progetto hanno dimostrato che gli impianti a CO2 possono essere più efficienti rispetto a quelli con HFC e che questi impianti non sono necessariamente complessi. Impianto a cascata L’impianto a cascata utilizza, nello stadio ad alta temperatura, un fluido frigorigeno primario che potrebbe essere la CO2 ma che, generalmente, viene affidato ad un HFC quale R-134a, o R-404A. La CO2 viene, quindi, impiegata nello stadio a bassa temperatura, sia come frigovettore bifasico come pure ad espansione diretta oppure, ancora, con una combinazione fra i due I primi impianti a CO2 erano ad espansione diretta subcritica poiché i loro componenti non erano ancora disponibili per lo stadio ad alta pressione. Per tale ragione era impiegata normalmente una circolazione d’acqua per la condensazione del fluido frigorigeno ad alta temperatura allo scopo di avere una carica di HFC più ridotta possibile. Gli impianti così realizzati erano meno efficienti e più costosi a causa del necessario numero di scambiatori installati. In altre zone extra-europee la maggior parte delle prime installazioni commerciali impiegavano questo tipo di impianto. Come prima tappa occorre che i tecnici frigoristi siano in grado di familiarizzarsi con questo tipo di impianto, soprattutto a partire dal momento in cui le sue proprietà ed i suoi componenti sono ben conosciuti analizzando altri impianti standard subcritici. L’attuale impiego delle valvole di espansione elettroniche in sostituzione di quelle termostatiche, prodotte con normali materiali commerciali, ha fornito un grosso impulso allo sviluppo del sistema. La generazione successiva ha utilizzato la CO2 a bassa temperatura sia come frigovettore sia ad espansione diretta. In questi impianti, il secondo scambiatore di calore del ciclo a cascata poteva essere evitato. Questo tipo di impianto è applicato piuttosto estesamente in Norvegia e in Svezia e sembra che stia diventando l’impianto più innovativo anche per i climi più caldi. L’arrivo sul mercato di apparecchi di regolazione ad alta pressione per gli impianti a CO2 ha permesso ai fabbricanti di gruppi frigoriferi di costruire delle unità più semplici e meno costose. I regolatori cosiddetti “ad alta pressione” sono in grado di mantenere un livello di pressione ottimale nell’impianto in tutte le condizioni operative. Il ricevitore di espansione posto all’uscita del regolatore di pressione assicura la separazione fra gas e liquido ed il gas prodotto nell’espansione viene ripreso al fine di realizzare una pressione più bassa per il sistema di distribuzione. Il gas viene ripreso sia per mezzo di un bypass verso la linea di aspirazione dell’impianto, come pure per mezzo di un piccolo compressore aggiuntivo (compressione parallela) (Figura 5). Anche se la compressione parallela può essere impiegata per recuperare un po’ del gas di espansione, con conseguente migliore COP, questo sistema è più costoso e più difficile da controllare. La compressione parallela è stata impiegata in alcuni grossi impianti mentre il bypass del gas è stato impiegato nella maggioranza degli impianti esistenti. Gli impianti transcritici che impiegano un solo fluido frigorigeno sono certamente più semplici. Tuttavia, senza l’impiego di un raffreddatore adiabatico piuttosto costoso e di difficile manutenzione, questo tipo di impianto è limitato geograficamente a climi più temperati. Di esso ne esistono due concetti: a cascata e booster. Il ciclo a cascata transcritico ha costituito il passo di transizione naturale fin dalle prime soluzioni con il ciclo a cascata subcritico. Infatti un ciclo a CO2 in grado di funzionare in fase transcritica fu introdotto al posto del vecchio stadio ad alta temperatura con HFC. Il primo impianto transcritico, basato su questo principio fu fornito dalla Carrier che ne limitò i rischi potenziali grazie alla combinazione degli stadi ad alta e bassa temperatura in un unico sistema. Le principali conseguenze erano l’incremento del costo e la maggiore complessità dovuta all’aggiunta di uno scambiatore di calore intermedio che poteva dare serie difficoltà di regolazione. Il ciclo booster transcritico a CO2, adottato già da parecchi costruttori europei, è apparso come un’altra configurazione vincente per il settore della grande distribuzione, poiché può essere applicato anche ai climi temperati. Questo sistema è ora considerato come la prima introduzione della CO2 in questo settore, poiché esso si dimostra semplice, vantaggioso e futurista. Con esso si ha la presenza di un unico fluido frigorigeno necessario per tutti gli impianti. I banchi frigoriferi a media e bassa temperatura possono essere alimentati simultaneamente utilizzando valvole di espansione elettroniche e quelli a bassa temperatura sono serviti dal compressore “booster”. Il sistema booster transcritico a CO2 è applicato più frequentemente nei climi freddi. Tuttavia, alcuni supermercati di tipo “low cost” e “discount” hanno scelto di adottarlo facendo funzionare i banchi a media temperatura con un semplice stadio transcritico, mentre i banchi a bassa temperatura sono del tipo autonomo e impiegano refrigeranti idrocarburi. Tutti i componenti di questo tipo di impianto sono disponibili commercialmente attualmente e fra breve sarà possibile avere una scelta ancora maggiore. Il ciclo a cascata con frigovettore bifasico ed espansione diretta a bassa temperatura costituisce una soluzione per tutti i climi e per tutte le situazioni geografiche e dovrebbe senza dubbio guadagnare del terreno anche nelle zone temperate dove il funzionamento frequente in regime transcritico rende lo stesso inefficiente oppure quando i frigovettori sono già impiegati. La CO2 è un eccellente frigovettore ed il suo fattore di efficienza di scambio termico (FEET) è molto più elevato rispetto a quello di tutti i frigovettori tradizionali, ivi compresi il glicole etilenico, il cloruro di calcio ed il Hicool. Il FEET esprime il rapporto fra il coefficiente di scambio e la potenza di pompaggio necessaria per vincere le perdite di carico. La soluzione con un raffreddatore a bassa carica di refrigerante R-134a, con la CO2 pompata verso i banchi a media temperatura e con l’espansione diretta per i banchi a bassa temperatura presenta la migliore efficienza in confronto al sistema con il solo pompaggio del glicole etilenico ed è sempre più apprezzata dai tecnici frigoristi. Infatti, la ridotta potenza di pompaggio e l’efficienza termica elevata della CO2, aggiunta alle economie di costo legate alle tubazioni di minore diametro e di minore coibentazione, sono tutti fattori che favoriscono la CO2. La soluzione ideale sarebbe quella di impiegare un idrocarburo come refrigerante per lo stadio superiore, ma si corre il rischio di non poter essere accettata ovunque, a meno di poter ridurre drasticamente la sua carica. Il basso NPSH fornito dalla CO2 ha creato qualche sospetto dovuto a dei possibili problemi di cavitazione nelle pompe. Nella pratica ciò non costituisce un problema e può essere spiegato per il ridotto impatto della cavitazione della CO2 sul consumo di energia. Secondo il tipo di installazione, il costo iniziale di un impianto a CO2, costruito con componenti attualmente disponibili, viene ad essere equivalente o più elevato del 50% rispetto a quello di un impianto tradizionale. In generale, il costo aggiuntivo proviene dal macchinario ad alta pressione che comprende i compressori, le tubazioni ad alta pressione, gli scambiatori intermedi ed i controlli. D’altro lato, esistono dei notevoli risparmi dovuti alle tubazioni di minore diametro ed alla ridotta carica di refrigerante. La maggiore potenza volumetrica della CO2 , combinata alla elevata massa volumica del suo vapore, permette di avere delle tubazioni del liquido, e soprattutto del vapore, di minore diametro. Secondo una stima effettuata all’uopo, la massa delle tubazioni di rame può essere ridotta dal 73% al 79% sul circuito di distribuzione di un impianto a CO2 (espansione diretta e pompaggio) in confronto a quella di un impianto ad espansione diretta con R-404A. Avendo delle tubazioni più piccole, anche la quantità di fluido frigovettore viene ad essere notevolmente ridotta. Il costo di esercizio è in funzione dell’efficienza energetica dell’impianto e delle sue spese di manutenzione. In pratica, risulta molto difficile mettere a confronto fra loro le efficienze degli impianti a causa delle variazioni dei profili dei carichi termici e delle condizioni ambientali. Anche la Carrier ha espresso il suo convincimento che si potranno avere ulteriori risparmi di energia adottando i suoi nuovi sistemi transcritici “booster”. Per quanto riguarda gli impianti subcritici si possono notare anche qui dei segnali incoraggianti circa la loro competitività nei confronti degli impianti tradizionali. Il costo supplementare dell’impianto a CO2 è stato ammortizzato già dopo il primo anno di funzionamento. Nella grande distribuzione la CO2 sta diventando il principale fluido frigorigeno. Mentre la sua adozione è stata aiutata, all’inizio, da sovvenzioni governative atte a trovare il migliore sostituto possibile agli HFC a forte GWP, è subito apparso che, con l’adozione della CO2, si poteva trarre dei notevoli risparmi energetici e, contemporaneamente, essere competitivi anche in assenza di sovvenzioni o di tasse sui fluidi frigorigeni.

Riassumendo, perchè usare la CO2 nella distribuzione alimentare?

La CO2 è un refrigerante naturale, in accordo con le norme internazionali che progressivamente stanno ponendo limiti all’uso di refrigeranti sintetici;

- Non è infiammabile e non è tossica;

- Ha un ODP (ozone depletion potential) = 0;

- Ha un GWP (global warming potential) = 1;

- È un refrigerante a basso costo e disponibile ovunque.