Aumentare il valore di deducibilità fiscale del buono pasto ha ripercussioni positive immediate sul Prodotto interno lordo, sul valore aggiunto e sul gettito fiscale. Ogni euro aggiuntivo di deducibilità fiscale del buono pasto genera un aumento dello 0,1% di Pil, un incremento di valore aggiunto da 0,75 a 1,35 miliardi di euro, mentre il gettito aggiuntivo netto di entrate fiscali può arrivare fino a 330 milioni di euro. È il dato principale del convegno "Aumentare i buoni pasto per aumentare i consumi" organizzato a Roma, presso la sala Aldo Moro di Montecitorio da Anseb, Fipe, Confcommercio, Cittadinanzattiva, Adiconsum, Adoc, Federconsumantori, Movimento Consumatori, Cgil, Cisl e Uil proprio per dimostrare, numeri alla mano, a quanto ammonta l'impatto economico sia a livello micro, sia macro se si eleva l'importo esentasse del buono pasto fissato nel 1998 (e da allora rimasto immutato) a 5,29 euro. Tali effetti positivi potrebbero subire ulteriori amplificazioni se, oltre al valore esentasse, il sistema del buono pasto venisse applicato a tutti i lavoratori aventi potenzialmente diritto. Infatti, i buoni pasto sono distribuiti attualmente solo a due milioni e mezzo di lavoratori (1,6 ml nel settore privato e 900 mila nel settore pubblico). Di conseguenza anche il giro d'affari annuale diretto che si attesta attualmente a 2,7 miliardi potrebbe aumentare in maniera considerevole, creando un effetto traino per l'intera economia. Secondo il vice presidente vicario di Fipe, Aldo Cursano, "rafforzare i benefici fiscali e contributivi sul servizio sostitutivo di mensa serve da un lato a ridurre la pressione fiscale su lavoro ed imprese, dall'altro a sostenere i consumi delle famiglie sempre più in affanno". "Ci sono, tuttavia, anche aspetti sociali che non possono essere trascurati. Ogni giorno 8 milioni di lavoratori dipendenti pranzano fuori casa in mensa, al bar, al ristorante o direttamente sul luogo di lavoro portandosi il pranzo da casa o acquistandolo in esercizi di prossimità. Le modalità alternative alla mensa sono oramai assolutamente prevalenti per effetto dei grandi cambiamenti che si sono verificati nella struttura produttiva ed occupazionale del Paese. Il risultato è che le mense vengono via via dismesse anche nelle strutture produttive più grandi dove si preferisce affidare il servizio in outsourcing a bar e ristoranti per mezzo del buono pasto". "Per questo possiamo dire - ha concluso cursano - che il buono pasto è, in un certo senso, "democratico" giacché consente anche ai lavoratori delle imprese più piccole, che di norma non potrebbero sostenere il costo di una mensa, di fruire del servizio". La risposta della politica alle sollecitazione della Fipe, sono arrivate dal Capogruppo PD in Commissione Finanze della Camera dei Deputati, Marco Causi, dal sottosegretario al ministero dell'Economia, Pierpaolo Baretta, dal capo della segreteria del ministro del Lavoro, Bruno Busacca e dal vice ministro delegato ai Trasporti e alle Infrastrutture, Riccardo Nencini. Sia pure con toni e modalità diverse, è emersa la volontà di governo e parlamento di intervenire sul tema, a valutarne costi e benefici e a considerarlo per la futura Legge di Stabilità perchè ritenuto socialmente ed economicamente rilevante, ma facendo attenzione a quelle che sono le risorse disponibili in un contesto di crisi. (fonte: confcommercio.it)