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Quale futuro per McDonald’s?

Prendo spunto dall’interessante articolo di Richard (Dick) Adams, pubblicato nel sito The International Association of Franchisees and Dealers con il titolo originale “What Wall Street Needs to Know about McDonald's US Expansion”. Colpiscono la massima professionalità e libertà di espressione che hanno questi personaggi americani, da sempre in ruoli importanti nel franchising con incarichi prima dirigenziali, poi di affiliati, per diventare infine titolari di gruppi d’investimento specializzati nel franchising. Quanta distanza dal nostro attuale sistema…

Come si evince dall’articolo, Richard Adams, già franchise director - Western Usa e anche franchisor per McDonald’s, attualmente owner, Franchise Equity Group, si preoccupa di avvertire addirittura Wall Street circa la non corretta politica di sviluppo di McDonald’s! Quanti nostri manager sarebbero in grado di poter scrivere nello stesso modo? Quante inchieste Consob lo permetterebbero?

Qui abbiamo un professionista serio e competente che apertamente racconta la storia dello sviluppo dell’azienda leader mondiale nei burger, ancorando il suo racconto a date ed eventi precisi. Rivediamo quindi la storia della "Convenience Strategy".

Negli anni che vanno dal 1970 sino alla fine degli anni ‘80 McDonald’s Stati Uniti ha aperto circa 300-350 ristoranti l’anno, sino a scendere nei primi anni ‘90 a meno di 200 aperture all'anno.

Tale sviluppo non convinse però gli investitori, che non ritenevano più la società McDonald’s performante e quindi una "società in crescita" su cui investire. A fronte di ciò nel 1995 il management annunciò la cosiddetta "Convenience Strategy": un piano per incrementare lo sviluppo di nuovi negozi.

Nello stesso anno furono aperti 597 ristoranti free standing e 533 satelliti negli Stati Uniti. L'anno 1996 ha visto 542 nuovi punti vendita e 184 satelliti negli Stati Uniti. I risultati? Assolutamente negativi – continua l’articolo di Richard – tra cui il dato più grave è stato quello della cannibalizzazione dei negozi esistenti.

La cannibalizzazione, seguita dal calo dei fatturati e da problemi di ogni tipo, costrinse centinaia di operatori nazionali al fallimento. Ancor di più, dice ancora Richard: «alcuni di questi ex franchisor potreste averli incontrati, con i cartoni, agli incroci più affollati!». Ma all’epoca furono tutti entusiasti poiché dopo anni di aperture “calmierate” era arrivata una green light che autorizzava ad aprire. Ma chi stabilì dove farli, visto che i nuovi punti vendita furono aperti in tutti i posti sbagliati? Arriviamo a oggi, potrebbe essere che McDonald’s stia oversaturating gli Stati Uniti ancora una volta?

Si tenga in considerazione che – continua Richard – la Convenience Strategy è stata annunciata negli Usa quando McDonald’s aveva meno di 10.000 punti vendita, contro i circa 14.000 attuali.

Il quesito finale, apparentemente sconvolgente, è: «c'è posto negli Stati Uniti per un gran numero di nuovi negozi McDonald’s?». Richard afferma che la maggior parte dei veterani McDonald’s risponderebbe in senso negativo. Tale processo potrebbe educare i decisori regionali del colosso di burger sul motivo reale per cui i nuovi siti non hanno particolarmente senso.

Preventivamente gli operatori dovrebbero chiedere (individualmente) una revisione all’Ombudsman (il Mediatore, ndr) prima che il nuovo negozio si apra e non dopo che il danno è stato fatto (ma c'è ancora un Ombudsman?). Richard suggerisce che un'altra strada è quella di lavorare con i politicanti locali per mantenere le proprie posizioni. «Tale attività – si legge nell’articolo – è stata di fatto attivata nel recente passato anche se pochi di noi amano parlarne».

Conclude Richard «che gli affiliati non debbano aspettarsi che l’attuale management di McDonald’s possa ricordare, o temere di ripetere, il più grande errore nella storia del sistema McDonald’s. Penso che non ci sia più tale memoria aziendale. Ci sono poche persone rimaste nell’attuale gestione dell’azienda che all’epoca erano in posizioni influenti al momento della Convenience Strategy».Dal momento che questa folle crescita non è mai stata riconosciuta come un errore di “Oak Brook” (in Ilinois, il campus dove vanno gli affiliati, ndr) la storia può ripetersi. In effetti la retorica è la stessa: «abbiamo bisogno di costruire lì, davanti a noi, prima che un concorrente costruisca lui là». E la stessa cosa ha detto Mike Quinlain nel 1995 (president and chief executive officer di McDonald's Corp. dal 1987 al 1998). Chiude Richard con una frase a effetto: nuove proposte di nuove aperture McDonald’s vicino al vostro negozio “esistente” che è già “rattoppato”? Abbiate paura, molta paura…

Federico Fiorentini