Da qualche settimana ha aperto a Ferrara un megastore di oltre 1.400 metri quadrati, ad insegna Yi Gou, piazzato strategicamente alle porte della città, a pochi metri dallo svincolo autostradale, a fianco di altre attività commerciali italiane già affermate, in modo da sfruttarne la scia in termini di clientela.
La struttura ferrarese è un megastore-pilota, il fiore all'occhiello dello sbarco cinese nella grande distribuzione italiana, che sorge accanto a Pittarello e a un ristorante sushi.
Dopo le aperture di Senigallia e di Osimo, questa ferrarese è la conferma che i cinesi vogliono conquistare quote del mercato italiano che oggi appartengono alla grande distribuzione, sicuri di riuscire ad offrire un rapporto qualità-prezzo in grado di attirare i consumatori. In effetti a Ferrara hanno già avuto successo, e i concorrenti, dopo l'iniziale sorpresa, stanno cercando di reagire. Gli addetti sono undici, di età compresa tra i 20 e 30 anni, rigorosamente cinesi, ma commesse e cassiere parlano correttamente l'italiano. Niente a che vedere coi negozi cinesi di oggettistica presenti in molte città. Qui vi è la complessa organizzazione che sta dietro a un ipermercato e un business di rilievo.
L’assortimento comprende più di seicento referenze, solo in parte «made in China», gli altri sono marche italiane, inglesi e francesi . Gli articoli esposti vanno dalla casa all'abbigliamento, dalla cancelleria al make-up. I prezzi sono bassi: difficile trovare un articolo che superi i 30 euro.
La globalizzazione fa arrivare in Europa i cinesi anche in un settore, gli ipermercati dello stesso stile di quelli europei, finora appannaggio di italiani e francesi. Tremano le Coop e non solo. Perché sugli scaffali dei concorrenti con gli occhi a mandorla si trovano anche le marche pubblicizzate e famose. Quindi una concorrenza a tutto campo.
L’imprenditore Yi-Gou è presente anche in Inghilterra, a Cardiff possiede un ipermercato che ha sbaragliato la concorrenza locale tanto che ha pure aperto un sito Internet in cui gli abitanti possono fare la spesa che gli viene recapitata a casa, in pratica lo stesso servizio che in Italia fanno le grandi catene e che tra poco anche a Ferrara i cinesi proporranno.
La proprietà di Yi-gou è di fondi d'investimento cinesi, difficile sapere di più. A tirare le fila sono alcuni magnati orientali, nessuna joint venture con imprenditori locali (quello che invece in Cina spesso è un obbligo). La catena ha un massiccio piano di insediamenti in Europa. Coi suoi prezzi bassi che le tradizionali catene occidentali non riescono a praticare tenta di intercettare una fascia di consumo strappandola agli ipermercati.
Chinatown è un lontano ricordo. Yi-gou si presenta con arredi griffati e luminarie e solo quel tocco di cinese che fa chic, mette sugli scaffali le marche pubblicizzate, ammicca ai consumatori come fanno le coop e pensa a campagne pubblicitarie per fare conoscere le proprie insegne. Il cinese in doppiopetto si presenta in Europa, e in Italia, inaspettato: sarà meglio incominciare a «pensare diverso» sulla Cina e sulla sua capacità di fare business, a spese nostre.
I vertici cooperativi, a cominciare dal numero uno di Coop Italia Vincenzo Tassinari, sono in subbuglio perché il segmento del consumo risente del calo del potere d'acquisto e registra la prima crisi dei fatturati dal dopoguerra. Sarebbe tempo di leccarsi le ferite e reagire. Invece arrivano i cinesi e potrebbero assestare un duro colpo alla grande distribuzione italiana.