Stop per sei mesi agli ampliamenti e all'apertura di nuovi centri commerciali in Lombardia. È quanto prevede il progetto di legge approvato all'unanimità martedì pomeriggio dal Consiglio regionale con 74 voti favorevoli: la moratoria, in attesa del varo di nuove norme sul commercio, sarà in vigore fino al 31 dicembre 2013. Grazie a un emendamento presentato dal Pdl, non rientrano nel provvedimento le opere legate a Expo 2015, come il progetto all'interno del polo City Life a Milano. Lo stop riguarda in tutto una decina di progetti di centri commerciali, per un totale di oltre 200 mila metri quadrati di superficie di vendita.
Si tratta di un blocco temporaneo, solo fino alla fine dell'anno. «L'obiettivo è sospendere la partita per monitorare la situazione del commercio. E poi riprendere a giocare con regole nuove», esemplifica il presidente della commissione Commercio in consiglio, il leghista Alessandro Ciocca. In altre parole, le decisioni che contano saranno prese da qui a dicembre. Lo stesso Ciocca fa sapere che «bisogna confrontarsi con la realtà della crisi con coraggio e senza paraocchi». Come dire: nulla esclude a priori che, terminato il cosiddetto «monitoraggio», la moratoria possa essere prolungata. Dopo l'approvazione bipartisan del disegno di legge in commissione, oggi il via libera del consiglio è dato per scontato. Unica fonte di suspence , l'emendamento presentato dal Pdl in cui si chiede che la moratoria non riguardi gli ampliamenti delle superfici già esistenti e i progetti che hanno a che fare con il sito dell'Expo.
Per quanto riguarda le associazioni di settore, soddisfatte Confcommercio e Confesercenti che rappresentano i piccoli. Pronta alla battaglia legale, invece, Federdistribuzione, organizzazione che dà voce alle insegne di super e ipermercati.
Il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia snocciola i dati della crisi del settore in Regione. «Nel primo trimestre del 2013 sono state aperte 5.623 attività commerciali. Peccato che nello stesso periodo ne siano nate solo 2.013. Quindi 2.196 ora mancano all'appello», fa il punto Renato Borghi. Che aggiunge: «Dal 2005 a oggi, come testimoniano i dati Eupolis, le grandi superfici di vendita sono aumentate del 25 per cento. Nello stesso tempo è esplosa la cassa in deroga delle piccole imprese del commercio: da 48 mila ore di sei anni fa siamo passati ai 3,5 milioni di oggi». Morale: «L'ideologia delle liberalizzazioni si scontra con la realtà - conclude Borghi -. Non possiamo continuare ad aprire, bisognerebbe piuttosto aiutare chi ha già la saracinesca alzata a non chiudere».
Dal canto suo Confesercenti chiede che le autorizzazioni già concesse ma non ancora sfruttate non siano prorogate all'infinito. «Dare ancora tre anni di tempo a nostro parere è eccessivo. Uno basterebbe», lamenta Giancarlo Morghen, direttore dell'associazione in Lombardia. Lunghezza d'onda opposta per Giovanni Cobolli Gigli, a capo di Federdistribuzione: «Segnaleremo la nuova legge regionale alla presidenza del Consiglio e all'avvocatura dello Stato». Secondo l'associazione della gdo, troppe Regioni (Lombardia in testa) si ribellano alla concorrenza imposta dal governo Monti con il decreto salva Italia. «La distribuzione moderna ha garantito prezzi bassi in un momento difficilissimo - conclude Cobolli -. Ma alcune corporazioni fanno di tutto per tagliare la strada alla concorrenza. Noi non staremo certo a guardare».