ABF San Paulo Brasil ed IFE New York se non sono le più grandi fiere franchising del mondo sono comunque sul podio. C’è poi da stabilire quale tra Città del Messico, Parigi e Delhi possa avere la seconda o la terza piazza sino al 5° posto. Queste sono comunque le migliori manifestazioni in assoluto.
La differenza che realmente intercorre tra loro è che alcune sono espressione diretta delle associazioni locali, altre invece sono di proprietà di società strutturate ed infine una tra le altre vede nella propria compagine anche una holding capace di fare propri investimenti e quindi di essere master franchisor. Stand belli e piacevoli, tanta, tanta, gente, tanti potenziali franchisee… com’è tutto diverso dall’Italia.
Stamane leggevo un post di Luigi de Falco, il proprietario di H2biz. Il mercato del lavoro si sta avvitando su se stesso: le aziende hanno bisogno di commerciali, ma nessuno vuol fare l'agente (e lavorare a provvigione). Tutti vogliono il posto fisso ma senza venditori le aziende non aumentano il loro fatturato e non hanno le risorse per assumere personale "a stipendio fisso". è un cane che si morde la coda. In Brasile gli stand costano più dell’Italia, forse anche un po’ più di Parigi , la fiera regina Europea. I convegni sono di qualità e i progetti sono molto buoni, ovviamente, essendo la maggioranza di rovenienza statunitense. E invece assisto al convegno pre-fiera di NY (si addirittura pre-fiera perché la fiera non basta più): Private equity and Franchise (non franchisor, nota bene) finance bonus session, con i maggiori esperti a livello statunitense.
E che l’evento sia importante lo dimostra il fatto che è a pagamento (!). Non ricordo in Italia di aver assistito ad un evento a pagamento dedicato al franchising… sarà un caso?
Oggi per lo sviluppo del franchising (quanto meno in Italia) servono due cose: internazionalizzazione e finanza. Sulla prima, a parte i proclami, vedo poco o niente tranne qualche raro caso, sì, perché per fare internazionalizzazione servono competenze e volontà; mentre le prime si acquisiscono, la volontà non la si compra. Riguardo alla finanza sono davvero pochi, e vanno sicuramente premiati, gli istituti Italiani che ancora finanziano la start up (il franchisee). Ma cosa dire dell’America dove addirittura i fondi di private equity, oltre a guardare con estrema attenzione al franchisor, finanziano i franchisee nelle loro start up ma anche nelle compravendite e nel riposizionamento di mercato e strategico? Lo scorso anno è iniziata una polemica in America sulla qualità del Franchisor che era data dall’assoluta necessità di innovazione e di finanza per il Franchise. Eppure i nostri prodotti, i nostri progetti, le nostre qualità e skill personali sono assolutamente i più performanti rispetto agli altri Franchisor: proprio perché siamo italiani e da sempre siamo costretti ad uno sviluppo non solo verticale ma anche orizzontale (per i problemi legati a burocrazia, fisco, finanza, i regolamenti e chi ne ha più ne metta…). Quindi perché non riusciamo a fare questo salto di qualità e troviamo sempre e solamente i soliti noti?
Federico Fiorentini